mercoledì 28 novembre 2012

siamo alla frutta


aspettavo il bus, linea 44, pioveva, quella pioggerella fine che per un occhialuto come me è una vera rottura.
accanto a  me una cinesina con l'auricolare bluetooth all'orecchio e una signora anziana.
la signora ha voglia di parlare e rivolgendosi alla cinesina dice :"sa, signorina, che hanno ritirato dal commercio quell'affare che le lampeggia vicino all'orecchio. è pericoloso!".
la cinesina avrà diciasette anni, forse anche meno e risponde dicendole che gliel'ha regalato il papà. la signora risponde: sono aggeggi cinesi, fanno male.
certo che detto ad una cinese non è proprio il massimo.
osservo la scena e penso che il nostro paese è in dismissione, un paese di vecchi, di gente illetterata, strana, nevrotica,  che parla per sentito dire ed elegge il sentito dire a farina del proprio sacco.
questa gente che proviene da altre parti del mondo, pede lento, con molta umiltà, con molta pazienza sta de-costruendo la nostra società vecchia, malata, alla deriva, non ancora capace di riscrivere valori e di individuare nuovi orizzonti.
fra vent'anni saremo noi a lavorare nei loro negozi e saremo noi a fare da badanti, da meccanici, da portatori di carrelli in lunghissima fila dentro i supermercati. non mi viene neppure da dire : ben ci sta!
noi pensiamo che questo paese sia nostro perche sopra ci sventola il tricolore, ma in realtà questa terra è di tutti, anche di chi proviene da lontano e qui da noi è arrivato a bordo di gommoni, dentro camion guidati da autisti compiacenti e corrotti.
noi siamo alla fine, alla cassa e stiamo pagando il conto. abbiamo fatto per decenni il passo più lungo della gamba. cicale contro formiche.
i negozietti dei cinesi sono pieni di merci che abbiamo sempre venduto nei nostri negozi, ma nei loro i prezzi sono evidentemente più bassi e la  sciuretta s'accalca  alla ricerca del risparmio.
questa gente  che se ne sta zitta sui mezzi, che rifugge il nostro sguardo ci sta dicendo non che ci odia, ma che siamo dei vecchi coglioni, che non abbiamo capito da che parte tira il vento, che non sappiamo cosa è il bene comune, che siamo autoreferenziali fino al buco del c..o. mentre loro si aggregano, si conoscono, condividono, compartecipano, risparmiano, sanno sopportare, hanno telefonini da 40 euro e non da 700, sanno cosa vuol  dire oggi e  soprattutto domani.
per loro esiste il noi, per noi esiste un Io obeso sempre più sbiadito.
non sono meglio di noi, sono più veri, genuini, questo sì. i miei migliori studenti o sono donne o provengono da altri paesi.
meditate gente, meditate.

sabato 24 novembre 2012

uchi kaiten sankio



ieri sera lezione aikido. arrivo, sono di buon umore. ho alle spalle 4 ore di lezione a scuola, pranzo, 4 ore di aula in bicocca.
ho il cervello  congestionato di parole, di gente che mi  chiede, di attenzione ad personam e, al contempo, indifferenziata. 
infilo il doghi (si scrive così?), indosso l'hakama, male come al mio solito. riscaldamento, qualche battuta, molti sorrrisi, il maestro scende e mostra la prima forma : uchi kaiten sankio.
con me pratica salvatore, è molto cresciuto, è diventato un bravo aikidoka. è concentrato, ma sa accogliere e capisce subito che sono in loop.
proprio non viene, aiumiashi, sbaglio direzione, forse sarebbe più facile confrontarsi con una pagina a caso di Essere e Tempo di Heidegger.
mi mozzerei la testa che si porta dietro una stanchezza  che mi ha incrostato la vita.
è un  amore non corrisposto, quello tra me e l'aikido. guardo, osservo, cerco di non pensare ad altro, nella mente la forma sembra facile, poi c'è il mio corpo che mi dice altro. parla del freddo preso in motorino, del panino veloce addentato prima di arrivare al dojo e di altre cose ancora che riguardono solo me.
ma...  amor, ch’a nullo amato amar perdona, da innamorato caparbio, tenace, ci provo. ogni volta costretto a barattare un po' di ego in cambio di un movimento fatto col corpo, che vorrebbe essere fluido, ma il buffering della mente che scompone le varie fasi lo rende a scatti.
una cosa è certa, anche dovessi impiegarci altri dieci anni sto giro non mollo. ho tentato già di farlo, ma un giorno entrando alla upim di piazzale loreto, per far passare una persona che usciva, ho fatto una specie di tenkan e perciò sono tornato.
è così difficile alla mia età destrutturarsi ed essere umili. la seconda virtù sin da giovane non è mai stata il mio forte, sulla prima ho lavorato a lungo. la strada è lunga ma non passa attraverso ciò che sta sopra il collo..

domenica 4 novembre 2012

Doshurino

cose che ho imparato grazie al doshurino

1. che ho le orecchie morbide e perciò le devo rimboccare sotto il casco
2. che il casco mi ricorda che ho un testone
3. che quando piove la visiera del casco si appanna e le gocce d'acqua lo solcano  facendoti andare in giro con l'espressione "o la va o la spacca"
4. che la coperta per le gambe della Tucano serve poco per tenere caldo e molto ad impedire i movimenti
5. che le strade sono piene di buche piccole e grandi, che devo stare attento alle foglie secche, ai tombini, alle scie sull'asfalto che magari è olio

6. che ci impiego meno tempo a fare gli spostamenti
7. che ci impiego molto tempo a fermarmi, togliere il casco, sfilare i guanti, mettere la catena
8. che in mezzo al traffico ho la testa che sembra la palla laser in discoteca perchè bisogna stare attentissimi
9. che faccio benzina e mi scordo quando l'ho fatta l'ultima volta
10. che da casa all'autorimessa è un bel pezzo

11. che non ho paura della velocità
12. che quando potrò ne comprerò uno più bello e sicuro
13. che questo post è noiosissimo
14. che questo motorino mi ricorda ogni giorno che non ho la macchina
15. che quando vado a fare la spesa al ritorno sembro uno della famiglia Togni

16. che mia madre a giorni alterni mi chiede di farle vedere il motorino perchè si scorda che l'ha già visto
17. che in motorino è saggio non sentire l' i-pod
18. che quando guidi non devi pensare al calcolo dell'IMU
19. che quando guidi e tiri giù la visiera non puoi fumare, non puoi sputare le cicche o bubble gum dir si voglia. non puoi nemmeno sputare tout court, a meno che il catarro non sia grigio come il casco per fare ton sur ton
20.che quando ti fermi e osservi quelli in macchina,  tu sai che sei vivo mentre quelli stanno tra la vita a basso voltaggio  e la morte per noia


venerdì 14 settembre 2012

vintage

ipnotizzato dal canale 69 (sarà un segno?), un canale musicale il cui nome è  vintage.
stanno passando musica degli anni sessanta, settanta, ottanta, primi novanta. e fin qui nulla di starordinario.
il vero problema è che tutti i pezzi musicali che hanno passato - decine a questo punto perchè non passano videoclip integrali ma solo brevissimi stralci - li conosco tutti, ma proprio tutti, carole king compresa. idem dicasi per le schifezze musicali degli anni ottanta durante i quali  ero già un "giovinotto", troppo vecchio per fare il paninaro, troppo giovane per continuare a fare finta di essere comunista.
...everybody has got an hungry heart
questo significa solo che sto ascoltando musica pop da quando ho comprato il mio primo 45 giri da lancini elettrodomestici in via rucellai : elton john e kiki dee (1974)
non riesco ad andare a dormire, la parata di ricordi musicali è interminabili...

martedì 7 agosto 2012

il mito greco



Negli ultimi anni ho letto un sacco di libri sul mito greco. Un sacco è un' iperbole perchè, a ben vedere, di saggi sul mito non ne esistono così tanti. Ho cominciato a seguire le orme del mito dopo avere abbandonato quelle dei super eroi della Marvel. Tra l'Olimpo e il F4 Building, sede dei Fantastici Quattro, non scorgo una grande differenza. Il primo è innevato e sta in Grecia, il secondo è di acciao e vetro e sta a NYC.
Ho guardato nel mito attraverso le figure di Ermes, di Apollo e di Ulisse. La prima e la terza per via delle loro menti variegate, la seconda perchè l'armonia non è figlia della luce ma delle tenebre. 
Poi ho spinto lo sguardo più a fondo e ho letto con avidità Esiodo perchè parla del Caso da cui tutto proviene. Ma non mi è bastato : ho dovuto chiedere aiuto ad Hillman e Jung  per capire perchè il mito mi fosse così caro. Ho letto Luigi Zoja, Campbell, Kerenyi, la Buchli, Paris Ginette, Lopez Pedraza, Heidegger, un libricino smilzo di Schelling, Furio Jesi,  il mito greco curato da Guidorizzi per i Meridiani, l'imprescindibile Citati con la Mente Colorata, uno studio su Ulisse che ho molto amato. e poi Piero Boitani, Giorgio Colli, Maurizio Bettini, Giulio Giorello su Odisseo,Walter Otto, la Von Franz sui miti della creazione. E il più importante e fecondo: Hans Blumenberg . Ah sì, anche Jean Paul Vernant, Marcel Detienne... e qualcuno l'ho dimenticato di sicuro.
Cosa mi è servito leggere tutto questo materiale ?  A  scrivere un breve saggio che resterà in un cassetto perchè  a nessuno fotte un cazzo del mito greco. A cercare qualcuno a cui mostrarlo senza riuscirvi perchè i pochi che in Italia se ne occupano lo fanno perchè sono grecisti o filologi e lasciano fuori psicanalisi, miti pop e letteratura.
Ho scritto una mail a Mr. Richards dei F4 per lamentarmi della scarsa considerazione di cui godono i super eroi e mi ha risposto che la questione non era di suo interesse perchè stava lavorando sulla curvatura della spazio nel tentativo disperato di riportare sulla Terra la Torcia Umana dileguatasi in un pertugio spazio temporale. Mi ha anche detto che a tal proposito stava utlizzando le sequenze di Fibonacci.
Così mi sono detto :  lo chiedo ad Ermes, magari lui un'occhiata al mio saggio la darà . L'ho dedicato a lui, sono certo dirà di sì.
Riporto qui  la sua risposta ermetica:
BMEQFZ GZO DTMN
Mi sono scervellato e alla fine ho capito che era il suo solito giochino del + 1 - 1.
Tradotto dice : Andrea fan culo.
E lì sono diretto, con una valigia smilza, tanto fa sempre caldo perchè è affollatissimo.






domenica 5 agosto 2012

Pensieri col torcicollo



Quando torni da un viaggio ti si chiede come stai, cosa ti e' piaciuto, cosa ha visto. L'amico ti guarda per capire se sei sempre lo stesso. Invece no, tu sei cambiato, ma a nessuno frega. Agli altri interessa ritrovare il noto, perché anche il minimo cambiamento disorienta.
Così fingi  di essere sempre quello, di non avere altro da aggiungere. I tuoi occhi ora sono diamanti che hai regalato a chi ami,  negli interstizi dell'anima crescono fiori piccoli e delicati, ma poco importa. Conta di più ritrovare il muro di cinta, il cancello che cigola, l'anima in tinta unita.
Ascolti l'altro mentre ti racconta cosa è successo in tua assenza, ma tu eri presente più di chi è rimasto, perché solo nell'assenza si sente palpitare la vita che conta.
Ora che sei tornato non ci sei più . Sei sempre quella cosa li, come un balaustrino senza vasi di fiori. Invece sei cambiato , sei più forte, sei altra cosa, ma non importa a nessuno. Il bello è che non interessa nemmeno a te.

domenica 22 luglio 2012

le sette pieghe dell'hakama


è uscito qualche giorno fa un mio  romanzetto. una settantina di pagine, poco di più. la stesura mi ha tenuto occupato gran parte dell'inverno/primavera. la scrittura  è scrivi-riscrivi per far sembrare il racconto fluido, naturale, ammesso che vi sia riuscito.
però mi sono divertito, forse per la prima volta. ho bandito le riflessioni massime, le metafore ricercatissime e mi sono buttato a capofitto in una scrittura più piana, meno autoriflessiva.
le storie sono sette, cioè chiamarle storie magari è un po' troppo, diciamo che sono raccontini dedicati alle virtù dei samurai : lealtà, coraggio, pietà , giustizia e via diquesto passo.
ho immaginato un bibliotecario, sulla trentina, che raccoglie oggetti dimenticati da chi frequenta le sale della biblioteca.
un fazzoletto, una tessera dei trasporti pubblici, un netsuke, un...scopritelo voi.
per ogni oggetto una storia che costui, cioè il bibliotecario, immagina e costruisce nella mente.
adesso è in vendita sui siti dedicati ai libri, tipo ibs.it, bol.it. amazon.it, deastore.it
il prezzo di copertina è bassissimo, 3,49 euro, che non ci compri nemmeno un pacchetto di diana rosse. però non fa male ai polmoni, se non piace al massimo ingrossa un po' laggiù in basso.
se piace dà una spolveratina agli alveoli e fa respirare meglio l'anima


lunedì 18 giugno 2012

balene blu e puntini bianchi

dico sempre ai miei ragazzi che l'occhio viene attratto dal puntino bianco fatto col gesso sulla lavagna nera.
quel puntino bianco è un minuscolo varco, a volte il nero sovrasta, ingoia il bianco, l'occhio atterrito non riesce  a staccarsi da quel liquame nero.
poi un giorno ti svegli e quel minuscolo puntino bianco è ancora lì, ma è così piccolo che devi aguzzare l'occhio.
allora ti avvicini e accosti l'orecchio. il sussurro è flebile, quasi impercettibile.
ti sembra che abbia pronunciato il tuo nome, ma lo dice come un vecchio lp che ruota  a giri più bassi e  appensantisce la voce, la rende baritonale, come il canto millenario delle balene sul fondo del mare, dove non trapela la luce e basso e alto non hanno più senso.
il senso sta nella lenta riemersione, poco alla volta, metro dopo metro, rilasciando l'aria accumulata negli enormi polmoni.




il puntino bianco forse un nome ce l'ha, magari non è il mio, non è il tuo, ma quello che qui da noi si chiama speranza.

lunedì 21 maggio 2012

tra le righe, dentro le righe

c'è da dire che ho un gran culo.

vado per i cinquanta e ho ancora qualche amico. se li conto arrivo a tre, ultimamente direi quattro. ma ne ho uno che conosco dai tempi delle superiori, dalla prima superiore.
diciamo che avrei dovuto essere in seconda e se così fosse stato non l'avrei mai conosciuto però l'ho conosciuto e ora posso fare una pernacchia retrò al destino.

questo signore di cui parlo, composto nei modi, affabile, benvestito, è per me un fratello. lui mi chiama ancora caro amico ma è perchè gli piace l'understatement e come dargli torto. qualche batosta l'ha avuta pure lui e qualche gliel'ho inferta pure io con la mia sfuggevolezza.

quando leggo le cose che ho scritto lui c'è sempre, perchè per me l'amicizia ha la sua faccia.
questo post l'ho scritto perchè stavo leggendo un romanzo che ho scritto dieci anni fa e sul quale sto lavorando oramai da un decennio. l'ho corretto e ricorretto fino alla nausea e ogni volta è un piacere trovare questo mio amico tra le righe, dentro le righe.

io col passare degli anni sono diventato pudico e scrivere dei miei sentimenti è un casino, preferisco parlare di me inventando personaggi. è una via più tortuosa ma anche più suggestiva.
non voglio snocciolare ricordi, aneddoti, voglio solo dire che sono fortunato perchè spero di accumularne altri.

niente di più ma neppure niente di meno.

lunedì 30 aprile 2012

i tempi cambiano

sintonizzato su La7, seguo Gad Lerner. bravo, molto bravo, mi ricorda un po' la capretta di saba, il cui verso è emblema del dolore che accompagna la nostra esistenza. di dolore ne abbiamo le tasche piene. è - pare essere - l'unica e la più radicale - premessa e sostanza della nostra vita. eppure qualcosa sta cambiando, in mezzo a mille mugugni : il nostro paese sta faticosamente risollevandosi, un pochino alla volta, quasi impercettibilmente. questo governo, nel bene e nel male, può vantare la patente di governo. ricordiamo da dove veniamo: dalla landa desolata e desertificata di un'Italia resettata da 30 anni di televisione commerciale, di televisione pugno nello stomaco, così se ti spavento non ti permetto di capire. la pacatezza torna timidamente a fare capolino, qualcosa di nuovo si intravede. il nuovo è il bene comune, proprio quella cosa lì, cioè il motivo per il quale Aristotele e Platone hanno fondato l'idea di politica. il bene comune significa arretrare di un passo, non invadere lo spazio altrui, proprio come si fa nei bus quando è stracolmo di gente. ci si assesta, malvolentieri ci si assesta.l'occasione è buona per scambiare due chiacchiere, per sentire l'odore dell'altro, la sua puzza, i suoi occhi pieni di rabbia, di gioia, di noia. il bene comune non va d'accordo col dolore metronomo. questo bene si nutre dell'illusione di essere utile a tutti e non solo a me e a pochi altri. sento la gente lamentarsi, i politici starnazzare, i giornalisti fare eco al lamento. ma tanto lamento nasconde solo la non volontà di procedere oltre, di immaginare qualcosa di nuovo che tradisca il vecchio, che lo metta definitivamente fuori uso. il lamento serve a non voler prendere coscienza che il mio bene è tale solo quando lo condivido. proprio come le idee buone che uno ha. se è buona - me l'ha ricordato in "attraversare la cura" Laura Formenti - è bello condividerla. lei, a sua volta, lo ha imparato da qualche suo maestro, forse Bateson, forse Maturana. la voce del lamento è sì quella della capra agganciata ad un paletto di legno ben confitto al suolo. togliere il paletto significa restituire alla capretta in questione la possibilità di esplorare altri spazi, di entrare in contatto con alrtri animali, di costruire qualcosa di nuovo che non sappia solo di dubbio, di critica aspra, sempre o quasi sempre strumentale. purtroppo le destre si sono impadronite dell'ottimismo, e i ristoranti perciò sono pieni anche quando lo spread schizza oltre la soglia dei 500 punti. eppure essere ottimisti significa anzitutto aver voglia di smentire il vecchio. qui il vecchio è una certo modo di intendere la vita, un modo che somiglia parecchio assai al lamento poco strutturato della beghina che va in chiesa a raccogliere punti-preghiera per il paradiso. l'ottismo fedele alla terra è altra cosa. passa attraverso l'assunzione di responsabilità individuali e la percezione che queste stanno "nel mezzo", ossia in una società che ìn quanto tale mi dice chi sono, fin dove mi posso spingere, cosa posso e non posso fare per dare il mio contributo al bene comune e non solo al mio bene. no, non siamo pixel che compongono immagini, siamo semmai pennellate brevi e larghe che si mischiamo, come faceva van gogh. siamo uno accanto all'altro, responsabili della nostra vicenda individuale ma anche di quella altrui. c'è un non detto che mi scoccia dire, ma che qui, di getto, faccio passare travestito da ironia. bisognerebbe fare quello che ci ha consigliato Comenio quattro secoli fa, cioè non smettere mai di andare a scuola, ossia di imparare. al posto di fare le riunioni di condominio in cui uno prova sulla propria pelle il versetto del manzoni : l'un contro l'latro armato, perchè non utilizzare i condomini per spiegare alla gente che il voto non si dà sulla base della simpatia che il candidato ispira o sul suo abbigliamento, o sulla cravatta che indossa per la diretta televisiva. il danno maggiore - l'unico danno - della democrazia è dare l'illusione della scelta.(senza contare il vantaggio accessorio, ossia dare lavoro a migliaia di laureati in scienze politiche che nella vita fanno tutt'altro !) a casa mia le scelte sono consapevoli, mosse dal giudizio. e il giudizio lo formulo in base ai dati di cui dispongo, delle informazioni raccolte, dei concetti appresi a volte faticosamente. ma al cittadino si offre a prezzo stracciato, quick and play, il miraggio di votare consapevolmente. purtroppo non è così. il voto consapevole è come il saggio di fine corso, una specie di olimpiade della democrazia, dove ogni singolo cittadino è chiamato ad esibirsi con l'asta del salto in alto. solo che quall'asta è la matita che ci viene consegnata prima di entrare in cabina. e i politici ? questi signori dovrebbero affrontare un iter non dissimile da quello dei medici. cinque anni di dottrine politiche e altri quattro di tirocinio nei luoghi di emarginazione, di degrado. una politica omeopatica: provo dolore così dopo lo so togliere. così evitiamo di ascoltare parlamentari che fuori da montecitorio non sanno nemmeno la storia che viene appresa alle medie inferiori. ma io sono solo un piccolo stronzetto e non conto nulla. scrivo su sto blog che (forse) è letto da quattro gatti, ma stasera mi andava di dirlo come l'ho detto, anzi come l'ho scritto. il lamento della capra si affievolirà solo quando la smetteranno di farci credere che la vita sia solo dolore o sia solo easy, friendly to use. io quando vado al super non guardo solo ad altezza occhio dove appositamente vengono sistemati i prodotti che molti, moltissimi compreranno. se voglio risparmiare rovisto in basso, mi inginocchio. se voglio regalarmi qualcosa di buono mi metto sulle punte e allungo le braccia. mentre faccio questi esercizi la capretta tace, perchè non c'è un cazzo da lamentarsi, c'è da rimboccarsi le maniche però stavolta con un mezzo sorriso e non con un'iperegotica smorfia di dolore.

mercoledì 21 marzo 2012

la firma perfetta (pensieri scritti di getto)


lascio van di sottofondo che canta no guru no method no teacher in a night in san francisco, pubblicato nel '94, quell'anno lavoravo in una scuola privata di monza, agli inizi di un percorso professionale che quest'anno compie venti anni.
e fin qui, mi vien da dire...chi se ne frega.
questa sera il cielo è limpido e sento che la vita ha pure un senso dentro, come quei sorrisi che stento a trattenere nei momenti meno indicati. è un sorriso che riscalda, che ti mette a tuo agio e che per me oggi ha un nome.
quando una giornata va bene assomiglia ad una firma che viene bene. ogni giorno sul registro ne faccio alcune e ogni tanto penso che da qualche parte ce n'è una che è la più bella di tutte, forse l'ho fatta e non me ne sono accorto, forse la farò e non me ne accorgerò. perchè la grazia arriva, dura un istante e poi se ne va. dietro di sè lascia una scia sottile, una bava di luce che solo di notte si vede.
grazia vuol dire...grazia ! può anche essere una giornata di sole, quando il sole non è previsto. una fragola di quelle profumate di fragola e non di anabolizzanti per farle diventare enormi e rosse come il culo di un macaco.
grazia è anche una frase letta su un buon libro, una di quelle che ti piacerebbe avere a portata di mano una matita per sottolinearla.
per me è anche la scrittura, cioè quando scrivo sto bene, esisto al massimo perchè con le parole ci gioco, sono birilli, sono coriandoli, sono bottiglie di vino perfettamente allineate e conservate con ogni cautela. dentro conservano un po' di me, un po' del mondo.
grazia è il prossimo bacio, ma anche quello appena dato. il presente sono le guance gonfie di aria pronte per soffiare dentro un palloncino colorato.
grazia e è quel che sento stasera che non è dicibile, ma che noi chiamiamo gioia. il dolore ha tempi e infinite declinazioni, la gioia sta tutta negli aggettivi.
l'aggettivo di stasera è limpido, come il cielo fuori da questo monolocale.

sabato 10 marzo 2012

barcellona


ho portato una classe in gita e ho consumato le suole delle scarpe.
cosa è piaciuto ai miei ragazzi?mc donald, zara,celio, h&m, desigual, bershka.
joan mirò è uno stilista, lontano parente di elana mirò, quella delle taglie forti.
picasso è uno che fa scarabocchi e il cubismo è una grandissima fregatura.
entrare a visitare la sagrada familia costa troppo.
visitare casa pedrera costa tanto.
visitare casa battlo costa moltissimo.
i soldi li hanno spesi per comprare regali a parenti e amici.
la pasta della mamma è la più buona del mondo.
mi manca il cane che mi sveglia di mattina,
mi mancano le polpettine della nonna che mi prepara quando vado da lei a mangiare la domenica.
ci sto dentro di brutto. ciao raga, tutto rego?
jeans a vita bassa, cinture tarocche, capelli gellati, pettinatissimi, cappello con visiera tipo mirino puntato, occhiali sovradimensionati rispetto al viso, marca carrera.
e io imperterrito continuo a fare l'insegnante. fanculo a me che ancora ci credo, perchè in queste anime reificate c'è un barlume di anima che splende e che chiede di crescere, di confrontarsi col mondo e di prendersi una rinvicita sul nulla col brand perfettamente levigato.

domenica 4 marzo 2012

la mia ragazza


la mia donna è alta quasi quanto me. questo è quel che si nota a colpo d'occhio quando qualcuno ci vede assieme.
in realtà, se si guarda con più attenzione è molto più alta di me, è così alta che io stesso non ne scorgo la fine.
spesso la sua testa rimane conficcata nelle nubi e io faccio fatica a guardarla perchè il mio occhio non arriva così lontano, ma il mio cuore sa perfettamente che lei sta brucando nuvole. quando ne ingoia una me la restituisce sotto forma di sogno.
le sue mani sono belle, molto belle, ma sono grandissime. riesce ad abbracciare una sequoia secolare con una sola mano e con due l'ho vista tenere sui palmi una balena degli abissi.
la mia donna ha i piedi grandi quasi come i miei ma se la vedi camminare ti accorgi che con un solo passo fa più leghe del gatto con gli stivali. la strada che io percorro a piedi e lentamente, lei la divora in pochi passi. poi torna indietro per aspettarmi e mi sorride, perchè sa che io non vado così veloce e non avrò mai quel passo. io cammino lento per paura di inciampare, lei quando cade si rialza subito, si scuote la polvere di dosso e prosegue più solare che mai.
la mia ragazza dice di avere gli occhi come i miei, ma non è vero, perchè i suoi sono molto più belli dei miei. una volta mi è capitato di guardarci dentro ed è stato come osservare attraverso uno spioncino l'universo nella sua interezza.
ai confini dell'universo ho scorto un puntino rosso.
mi sono detto : sarà il big bang! invece mi ci sono avvicinato quanto basta per capire che era il suo cuore.
da li - ho pensato - inizia la mia vita.
anche se sono più piccolo rispetto a lei, ho scoperto un sistema infallibile per accogliere l'amore che mi dà. ho ricavato nel mio cuore tante tasche quante sono le lettere che compongono il suo nome e dentro ci ho messo tutti i momenti belli che abbiamo vissuto insieme.
questo stratagemma mi ha permesso di lasciare sgombro il resto del cuore per stiparci il nostro futuro assieme.
lei, invece, per accogliere l'amore che le dò usa un sistema semplice ma efficacissimo : lo rastrella col suo sorriso e lo divide in tanti piccoli sacchettini che poi mette tra le cose appena stirate perchè mi dice che il mio amore è più fresco della lavanda e della vaniglia mischiati.
l'altro giorno, poi, mi è venuta una super mega idea e le ho chiesto se le andava che io glielo regalassi, il cuore intendo. lei ha accettato e ora nel cavo che mi è rimasto nel petto io ho piantato una rosa rossa alla quale ho dato il nome segreto del giorno nel quale la sposerò.