sabato 24 novembre 2012

uchi kaiten sankio



ieri sera lezione aikido. arrivo, sono di buon umore. ho alle spalle 4 ore di lezione a scuola, pranzo, 4 ore di aula in bicocca.
ho il cervello  congestionato di parole, di gente che mi  chiede, di attenzione ad personam e, al contempo, indifferenziata. 
infilo il doghi (si scrive così?), indosso l'hakama, male come al mio solito. riscaldamento, qualche battuta, molti sorrrisi, il maestro scende e mostra la prima forma : uchi kaiten sankio.
con me pratica salvatore, è molto cresciuto, è diventato un bravo aikidoka. è concentrato, ma sa accogliere e capisce subito che sono in loop.
proprio non viene, aiumiashi, sbaglio direzione, forse sarebbe più facile confrontarsi con una pagina a caso di Essere e Tempo di Heidegger.
mi mozzerei la testa che si porta dietro una stanchezza  che mi ha incrostato la vita.
è un  amore non corrisposto, quello tra me e l'aikido. guardo, osservo, cerco di non pensare ad altro, nella mente la forma sembra facile, poi c'è il mio corpo che mi dice altro. parla del freddo preso in motorino, del panino veloce addentato prima di arrivare al dojo e di altre cose ancora che riguardono solo me.
ma...  amor, ch’a nullo amato amar perdona, da innamorato caparbio, tenace, ci provo. ogni volta costretto a barattare un po' di ego in cambio di un movimento fatto col corpo, che vorrebbe essere fluido, ma il buffering della mente che scompone le varie fasi lo rende a scatti.
una cosa è certa, anche dovessi impiegarci altri dieci anni sto giro non mollo. ho tentato già di farlo, ma un giorno entrando alla upim di piazzale loreto, per far passare una persona che usciva, ho fatto una specie di tenkan e perciò sono tornato.
è così difficile alla mia età destrutturarsi ed essere umili. la seconda virtù sin da giovane non è mai stata il mio forte, sulla prima ho lavorato a lungo. la strada è lunga ma non passa attraverso ciò che sta sopra il collo..

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