sabato 25 settembre 2010

tengo famiglia







ricordo anni fa d'aver letto un romanzo di andrea de carlo, "uto", in cui i meccanismi che regolano i rapporti familiari vengono paragonati agli ingranaggi di un frigorifero, ossia caldo per dare freddo.
oggi gita in macchina ad alassio per trovare i miei.
una doverosa premessa va fatta: forse sono troppo attento alle dinamiche, le sento come il pennino di un sismografo le scosse telluriche, però è anche vero che costringere all'omertà il cervello in certi casi è impossibile.
l'insofferenza scoreggia nell'aria, opposte visioni del mondo girano il remake dell'iceberg e del titanic, idiosincrasie festeggiano le loro sagre con polenta e salamella, processioni di nevrosi agitano i moccoli implorando San Sigmund.
risultato: mi sono immaginato in "chi l'ha visto?".
congetture, supposizioni che si accavallano, testimonianze di conoscenti che dicono con voce rotta da recitata emozione: "ce l'aspettavamo, negli ultimi tempi sembrava così strano..."
e poi la mamma: "bambino mio, ritorna, la mamma ti prepara la pasta al forno!". già, il problema è che mia mamma non ricorda più come si fa la pasta al forno.
e la sorella: "torna, dai, hai fatto l'analisi grammaticale, quella logica, ora devi finire quella del periodo".
dulcis in fundo, il papà: "torna, figlio mio, torna. devi passare in edicola a ritirarmi i dvd sul calcio che ho ordinato"
e poi la custode: "avevo sempre supposto fosse un mezzo cafone, ora lo so: è sparito senza neppure dirmi buongiorno."
e i colleghi: "ovunque tu sia ricorda: il primo trimestre prevede max due verifiche orali e due scritte. il pentamestre, tre e tre. spediscile all'address email del ns istituto: info@istitutocaccapupù.it".
e poi il mio caro maestro: "torna, doshu, devi fare l'esame del primo kyu. almeno, stai provando menuchi katadori?"
e la voce del mio fraterno amico: "torna, dobbiamo finire di ridere sul mondo."
e poi la voce del mio mentore: "torna, dai, dobbiamo capire dove cacchio vanno 'ste orme che conducono al nulla eterno".
ma sì che torno! anzi, a ben vedere, devo ancora sparire...

venerdì 24 settembre 2010

sorry


sorry, non ho niente da dire e non mi sento neppure in obbligo verso me stesso o chichessia di dire qualcosa di intelligente o di simpatico. anzi non mi sento neppure intelligente e tantomeno simpatico.
magari sto zitto, anzi sì, sto zitto e mi godo il silenzio che esala dalle macerie fumanti, o il rumorino impercettibile del battito d'ali di una farfalla.
mi arrogo il diritto di non avere nulla da dire.
altresì voglio aggiungere che a volte è persino bello non avere nulla di dire perchè quando stai zitto senti meglio le voci che provengono dal mondo.
solo il mondo non sta mai zitto, ma io posso tacere e questo mi piace.
in effetti ora non sto tacendo ma scrivendo del tacere, che è quasi un parlare, ma sottovoce, con un filo di voce.
nello spazio/tempo mentale concesso a chi non ha niente da dire non crescono neppure i fiori più comuni, crescono le erbacce, quelle medicamentose. il cielo di chi non ha niente da dire è privo di nuvole e il vento non tira. è un cielo immoto, sedato dal silenzio che lo ovatta e lo fa risplendere.
la terra di chi non ha niente da dire è brulla, ma non aspetta il miracolo della pioggia. si contenta della sua "brullitudine" e per scacciare la noia ridacchia.
a volte non avere nulla da dire è bellissimo. è come portarsi a casa una libreria ma non avere libri.
non avere nulla da dire significa non rivolgere la parola neppure ai nostri dolori, significa sbattere la porta in faccia alla gioia.
stare fermi per qualche istante, misurabile in una manciata di secondi, inspirare ed espirare per poi tornare a calcare qualche sentiero nuovo o usato, in mezzo alla fronde irrorate dalla luce romantica di questo inizio autunno.

sabato 18 settembre 2010

A cosa serve studiare storia?






questa domanda mi è stata posta da una mia classe terza di un istituto professionale.
la storia ci insegna non solo a "non commettere gli errori commessi in passato", diceria peraltro smentita dalla storia stessa nell'arco di qualche millennio, ma soprattutto ci permette di capire che passato, presente e futuro sono indissolubilmente legati.
ne beneficia il presente al quale lo studio degli eventi e delle culture restituisce i volumi e le rotondità, le zone d'ombra, la cui percezione manca a chi vive la vita appiattito sul qui ed ora.

il nostro presente è questa cosa qui, non più spesso di un foglio di carta bianca.
per vivere questo genere di presente l'unica soluzione praticabile è annichilirsi, perdersi nel bianco del foglio, lasciarsi guidare unicamente dal principio del piacere, dalla bulimia consumistica che ci divora.
invece la storia, anzi lo studio della storia, anzi...la lettura di un buon libro, anzi..l'ascolto di buona musica ci ricordano che la nostra vita per essere consapevole di sè ha bisogno di restituire profondità al presente, di nutrirlo.

quando sei stanco ti schianti sul divano, questo è lecito, ma niente e nessuno ti vieta di leggere un buon libro, di andare a teatro, di invitare a casa qualche amico vero col quale non solo respingere la noia con chiacchiere trite, ma con discorsi che consentono di fare speleologia nell'esistenza dell'altro.
invece, che fatica... l'altro in fondo è come il libretto istruzioni del tuo cell : meglio la guida quick and play, per un uso immediato, veloce, non procrastinabile.

perchè devo leggere? leggere è faticoso, è una grande rottura, i libri certe volte sembrano il mare dello stretto messinese, agitati da opposte correnti, a volte insondabili, inquietanti come l'acqua profonda illuminata dal disco lunare.
meglio i cesaroni, meglio don matteo, lasciando di sottofondo un presente che oltre ad esser piatto è anche scomodo, volgare, indigeribile.
perciò, insomma, studiare storia non serve. non disancora dal divano, non spezza catene, non insegna al servo e allo schiavo la lotta contro quel potere che li narcotizza, che li schianta sui divanetti dei centri commerciali, con l'occhio vitreo e il carrello ricolmo di ogni ben di dio merceologicamente catalogato.

ho risposto che studiare storia non serve a un bel niente, ma in fondo non serve neppure far l'amore e mille altre cose che facciamo pur sapendo che non ci renderanno nè più felici, nè tantomeno migliori.
serve mangiare, coprirsi le pubenda, bere sì ma con moderazione, dormire. non pensiate che noi si faccia molto di più.

non passa giorno, anzi non passa spot pubblicitario ! che non ci ricordi quanto bello sia essere liberi, ma la libertà, quella vera, che io sappia passa solo attraverso la consapevolezza, attraverso lo studio della realtà, attraverso il "ti esti" dei greci.
"che cos'è'", "come funziona" aggiungerei... come funziona la realtà in cui vivo?
insomma, dai, il mondo si divide in chi legge più o meno correttamente le ore sul quadrante e in chi non si accontenta e fa di tutto per aprire la cassa e seguire con attenzione, rigore, passione, le rotelline che si incastrano l'una nell'altra.

alcuni addirittura hanno anche smontato quell'orologio e disposto con un certo metodo le rotelline per meglio capirle. questi signori si sono affacciati sul nulla arricchendolo col senso e con la portata del loro pensiero. costoro hanno il diritto di proclamarsi nichilisti, se lo sono guadagnato sul campo. mi spiace per chi invece il nulla lo abita come unico incipit e oltre non va, non si muove, perchè è troppo faticoso.

ricordo en passant che assai probabilmente nella casa del signor vanzina non si trovano i film panettone del signor vanzina, ma wim wenders, antonioni e fellini.
il signor vanzina non legge moccia, ma proust, dostoevskj. non ascolta gli zero assoluto ma la sinfonia jupiter di mozart o kind of blue di miles davis.

gli zero assoluto li ascoltano gli "zero assoluto".

sabato 11 settembre 2010

Troppa grazia


Sentire che il cuore ha fatto il pieno. La pelle liscia come una pesca. La pesca liscia come la pelle. Una grossa fragola. Un sorriso su un vagone della metropolitana. Mantenere il corpo adeso al tuo uke quando fai tenkan. Un foglio bianco. Le vocali. Le lenzuola pulite. Una doccia calda quando fuori fa freddo. Le mani di una donna. L’incavo dei reni. La peluria sulle palline da tennis. Un vaso Barovier Toso. La mela bianca. La prima mela. Un cannoncino alla crema. La schiuma del cappuccino. I cuscini imbottiti di piuma. Le galassie viste con Hubble. Hubble visto dalle galassie. Un sorriso sdentato. I batuffoli di cotone. Il rosso Bordeaux. Harry a pezzi di Woody Allen. Le terzine incatenate dantesche. Jackson Pollock. Lo sguardo immenso della Madonna Sistina di Raffaello. La scrittura pastello di Marai. La vita che ti scrive, ma tu hai cambiato indirizzo. I Ray Ban a goccia. Una goccia lunga la schiena. Il sapore dell’amore. I vetri appannati in treno. Il sole malato di Novembre. I voli geometrici delle rondini. Il sesso molle. I primi trenta secondi di where the streets have no name. Il capo chino di Bill Evans sul piano. Le volute di fumo. Il giorno dello stipendio. La febbre alta che scioglie le membra. La voce profonda di Van. La voce acuta di Pan. Ermes che ruba le vacche ad Apollo. Le statue dei profeti sul portale della chiesa di Moissac. I colori quando escono dai tubetti. Le labbra. La luce negli occhi. Goemon e Fujiko. Il deposito di Zio Paperone. La solitudine di Silver Surfer. La Ducati Monster, rossa. Le ciliegie di Vignola. I cappelli di Borsalino. La Moleskine. Le matite punta 0,5. Pochi amici veri. La pasta al forno. Le mani in tasca. La sabbia sotto i piedi quando smette di piovere. I gettoni telefonici. Gli sms. La parabola di Sky. Le lavagne e i gessetti. Il seno. Il coseno. Il tatami. La neve sulla lingua. Le sagre paesane. Le surfinie sui balconi delle case di montagna. Non saper tenere il ritmo. La secchezza della fauci. Il fumo fa male alla pelle. L’acqua fresca. Wiligelmo a Modena. I formaggi francesi. Gli abbecedari e i pallottolieri. Villemot. Gli smalti scuri. L’odore delle calle veneziane. Le briciole e i passerotti. I baci perugina e i pocket coffee. I coriandoli. I come e i perché. I divani in velluto. Le macchinine dei pompieri. Il fuoco nel camino. Un’anima camino.
Continua tu.