domenica 14 novembre 2010

acca


beh e ahimé condividono la stessa sorte: non si sa dove mettere l'acca.
l'acca ci è stato detto è una non lettera, un po' come il bianco è un non colore, in quanto li contiene tutti.
ahimé, avere i miei anziani genitori in casa non è una esperienza di vita, ma è una prova iniziatica.
i passi trascinati, la lentezza dei gesti, l'incipiente sordità, la memoria che scolora fatti, eventi, emozioni. la malattia, le malattie, le pillole, i pasti frugali, le idiosincrasie, le posture esistenziali errate, quelle corrette. i flussi affettivi colorati, la pienezza dell'essere, l'anima che esonda ricordi.
il cielo stellato della gioventù, il cielo brumoso della vecchiaia. sentir gli starnuti, sobbalzare per via della tosse, le urine, le feci, i pannoloni, i pannolini, le merendine, il colesterolo alto, la valvola mitralica, il defibrillatore, il prosciutto cotto e le mozzarelle.
insomma, la vecchiaia, anticamera della morte, sala d'aspetto affollata di ricordi, stanzetta degli ultimi giochi.
il mondo dei bambini e quello dei vecchi si danno la mano, in entrambi i casi cercano qualcosa. i primi cercano ciò che ancora non ha un nome, i secondi qualcosa di cui non ricordano più il nome.
in mezzo c'è la vita, e tutte le scommesse aperte, anzitutto quelle su noi stessi.
da tutto si può uscire: da un amore finito, da uno tribulato, da un affare sbagliato, da un'amicizia mal riposta, da un furto in casa, da un furto fatto in una casa.
si può anche decidere di non voler essere felici, o di non volere più faticare per esserlo. si può essere inautentici e/o guadagnare palmo dopo palmo la nostra tremolante autenticità.
si può persino raggiungere la consapevolezza cercando di non risolvere più le contraddizioni, ma di fotterle una per volta, nessuna esclusa.
as usual, aveva ragione woody allen in Harry a pezzi quando ha messo in bocca ad un morto redivivo che essere vivi è essere felici.

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