venerdì 19 novembre 2010

in cortile


in cortile, durante la pausa delle quattro assegnata ai miei studenti, pensavo a quanto aveva appena terminato di dire e riflettevo sulla fatica che si fa ad apprendere. è una fatica bella, feconda, una delle poche degna di essere vissuta. capire significa aprire una breccia nel muro, aprire una finestrella, scrutare oltre.
pensavo pure alla fine che faranno le parole dette e quelle scritte. molte, moltissime saranno dimenticate, altre saranno trattenute sotto forma di appunti, dispense che finiranno con l'ingallire in qualche solaio. altre, peggio ancora, diventeranno i nostri sgualciti leit-motiv, le nostre (obsolete e sempre inadeguate) stelline polari
i libri saranno venduti per comprarne di nuovi, solo pochi saranno conservati. dei volti dei prof, dei mentori, uno o poco più finirà impigliato nella memoria.
e le grandi idee saranno barattate per un lavoro mediocre, per una busta paga che farà agitare le ali senza mai consentire di spiccare il volo sopra la sozzura del mondo. perchè a questo servono i soldi: fuggire la volgarità, abbracciare l'oblio, dimenticare la fatica.
quel che dico sarà giusto? ha un valore quel che trasmetto? è giusto o è sbagliato? chissà..
non so neppure io, credo sia giusto.
sono valori che affondano nel mio sentimento di libertà, nell'idea di libertà. quella che si confronta col limite, quella che sposta un centimetro al giorno la linea dei nostri orizzonti.
non so se sia giusto perchè non so neppure se abbia un senso.
più vado avanti e più credo che un senso l'abbiano quelle poche azioni e pensieri che non si affannano a cercare un senso, che l'hanno incistato, che non chiedono altro.
avrò mai il coraggio di dire. "guarda, non so se sia giusto, perchè forse ciò che ti sto dicendo non ha un senso. siamo noi che lo attribuiamo e mai viceversa".
far l'amore ha un senso, questo sì. ma non per l'atto in sè, ma per quella piccola e insperata fortuna supplettiva che porta con sè. dura poco il piacere, quel tanto che basta per non ragionare sulla vita ma per viverla.
anche bere, mangiare, lavarsi, stare al sole, leggere un buon libro sono "cose buone e giuste", se non fosse che nel contempo si pensa.
si pensa sempre anche quando sarebbe meglio sospendere il pensiero, si pensa sul pensiero, si pensa nel pensiero e mai al di fuori. si pensa fino allo sfinimento, si pensa a come dirlo, quando dirlo, perchè dirlo.
è come il ronzio del nostro frigorifero: non cessa mai. servirà forse a conservare meglio il fango e i diamanti riposti nella nostra anima?
non so, proprio non so.
mi verrebbe da chiosare socrate: non solo so di non sapere, ma so pure che tutto il sapere che so non spegnerà mai una stella e neppure muoverà un grano di sabbia.

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